Spinosauri al cinema

Buio. Una luce polverosa filtra alle spalle di un gruppo di esseri umani -maschi, femmine e i loro cuccioli- seduti in silenzio davanti a una grande parete, che riflette le ombre di una lussureggiante vegetazione esotica. D’un tratto, il silenzio è rotto da rumori sordi, che fanno tremare il terreno, a cadenza regolare. L’agitazione si fa largo nel gruppo; gli adulti, irrequieti, trasmettono inquietudine ai piccoli, che si stringono alle mamme. Improvvisamente, da un gruppo di araucarie, spunta una enorme bocca spalancata che rivolge al gruppo, mostrando una lunga fila di denti aguzzi, ed emettendo uno spaventoso brontolio. “Uno spinosauro!” grida una vocetta atterrita. Il panico si diffonde tra la popolazione atterrita, i bambini piangono e… si accendono le luci in sala! Fine del primo tempo, si comprano i popcorn.

La scena appena descritta, nella realtà, non sarebbe mai potuta accadere: il proprietario della testa è per l’appunto lo spinosauro, un dinosauro del Cretaceo, vissuto quindi circa 100 milioni di anni fa, e i primi antenati degli esseri umani sono comparsi… solo 95 milioni di anni dopo!

Un’enorme lucertola spinosa

Nella saga di Jurassic Park, i dinosauri provengono da un procedimento di clonazione, resa possibile utilizzando il materiale genetico estratto dal sangue di questi rettili.

Il sangue viene recuperato nei succhi gastrici non ancora digeriti di una zanzara, rimasta inclusa nell’ambra fossile; origine che riguarda anche gli spinosauri che terrorizzano i protagonisti. In effetti, questa creatura, descritta per la prima volta nel 1915 dal paleontologo tedesco Ernst Stromer dopo il ritrovamento di fossili di Spinosaurus aegyptiacus in Egitto, era sicuramente terrificante: dagli esemplari finora ritrovati risulta che era alto fino a 16 metri, poteva pesare anche 20 tonnellate e sicuramente possedeva poderose mascelle con lunghe file di denti acuminati.

Il nome dato a questi animali significa “lucertola spinosa” perché lo spinosauro era dotato di possenti spine sul dorso. Queste erano lunghe anche fino a due metri, la cui funzione era probabilmente di termoregolazione e comunicazione sessuale; forse con questi processi spinosi che protrudevano dalle vertebre e che poteva ripiegare ed espandere a suo piacimento, riusciva ad apparire più grande per mettere timore a potenziali predatori come il Deltadromeus o Carcharodontosaurus, che condividevano il medesimo habitat. Alcuni scienziati, poiché gli spinosauri si suppone condividessero occasionalmente alcuni habitat acquatici, hanno sottolineato come le spine dorsali potessero anche essere utilizzate, come per i moderni pesci vela, per scopi idrodinamici, ma è una teoria che ha riscosso poco successo, essendo tutti i dinosauri, animali prevalentemente terrestri, affatto adattati alla vita acquatica, come lo erano invece rettili a loro contemporanei, come plesiosauri, ittiosauri o mosasauri.

La dieta dello Spinosauro: non solo pesci

La dieta dello spinosauro, il più grande fra i dinosauri carnivori, è oggetto di discussione. Alcuni particolari anatomici in comune con gli attuali coccodrilli, cioè mascelle allungate, denti conici e narici sollevate, suggeriscono si alimentasse di pesci; in seguito però a ritrovamenti di denti di Spinosauro conficcati in ossa di  pterosauri -rettili volanti coevi- è possibile pensare avesse una alimentazione più variata.

Una locomozione molto dibattuta

Non c’è un accordo generale tra i paleontologi anche riguardo alla postura degli spinosauri, sebbene la maggior parte degli studiosi ritenga che sulla terra fosse prevalentemente bipede e occasionalmente quadrupede; anche se, secondo la tesi un po’ bislacca del paleontologo italiano Andrea Cau, questo enorme dinosauro sul terreno manteneva un’andatura strisciante simile alle foche.

Ma le ipotesi più fantasiose non si fermano qui: come si muoveva nel suo sempre più discutibile elemento preferito? L’ipotesi più nota nonché sempre meno riconosciuta, è che lo spinosauro nell’acqua si spostava ondeggiando lateralmente la coda e utilizzando le zampe palmate anteriori come pagaie, un po’ come fanno le anatre. Ma che avesse zampe palmate è tutto da dimostrare, avendo ritrovato dell’arto anteriore solo una falange della mano.

Lo stesso dicasi per la coda, che in tutti i dinosauri era irrigidita da elementi ossei atti a stabilizzarne l’andatura terricola. Non poteva quindi utilizzarla come fanno i coccodrilli. Esistono nuove teorie che suggeriscono che l’animale non nuotasse affatto; forse saltellava sul fondale, grazie ad una densità ossea degli arti inferiori elevata, utile per mantenerlo a contatto con il fondo.

L’Arca di Noè vi offre una serie di reperti fossili di varie specie di dinosauri e molti altri rettili, e se volete saperne di più su questo affascinante mondo perduto, potete approfondire con questo articolo e con le pubblicazioni della sezione libri e testi scientifici del nostro sito.

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