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Neutrini più veloci della luce?

I neutrini sono particelle elementari prive di carica elettrica con una massa così piccola, che non si è ancora riuscita a misurare. Il termine fu coniato da Enrico Fermi (1901-1954) come diminutivo del nome di un’altra particella neutra, il neutrone. Gli studi sul neutrino sono molteplici e complessi, ma a noi basta sapere che queste particelle sono dovunque nell’universo, anche nel nostro mondo quotidiano. Siamo continuamente bombardati ed attraversati dai neutrini emessi dal Sole.
Il Cern (European Organization for Nuclear Research) di Ginevra e i Laboratori nazionali del Gran Sasso studiano dal 2006 queste piccolissime particelle. Poiché il neutrino interagisce debolmente con la materia (potrebbero attraversare un muro di cemento spesso anni luce senza interagire con gli atomi di cui è composto), è possibile mandare un fascio di neutrini dai laboratori di Ginevra a quelli del Gran Sasso, facendo viaggiare i neutrini per più di 730 km nella crosta terrestre, attraversando una traiettoria che, a causa della curvatura del pianeta,  è in realtà una corda che penetra a notevole profondità. Al loro arrivo, li attende “Opera” una grande macchina sperimentale capace di “bloccare” e studiare le particelle. Ma lo snodo principale della scoperta è un altro. Il fascio di neutrini emesso da Ginevra, secondo i dati raccolti in più di 15 mila prove, arrivava al Gran Sasso con un “anticipo” di 60 nanosecondi rispetto alla velocità della luce. I ricercatori italiani hanno confrontato il tempo impiegato dai neutrini (anche calcolando gli errori sperimentali e statistici) con il tempo che, invece, avrebbe impiegato un fascio di luce. 60 nanosecondi in meno per i neutrini.
Per provare a capire la portata di tale scoperta dobbiamo fare un passo indietro, ovvero alla legge della relatività ristretta di Albert Einstein: E = mc2.
I fisici Fabrizio Tamburini e Marco Laveder due ricercatori dell’Università di Padova nel sito
www.arxiv.org hanno fatto notare che Ettore Majorana, il più geniale dei “ragazzi di via Panisperna” allievi di Enrico Fermi, già nel 1932, aveva elaborato una teoria delle particelle elementari nella quale i neutrini potevano superare la velocità della luce senza per questo violare la Relatività speciale di Einstein in quanto acquisivano una “massa immaginaria” (è immaginaria, tanto per fare una grossolana analogia, la radice quadrata di un numero come -25).
“Rileggendo gli appunti di quasi ottanta anni fa scritti da Majorana - spiega Tamburini - mi sono convinto che quella sua teoria dava delle predizioni che erano in ottimo accordo con i risultati dell’esperimento Opera. E l’interpretazione che noi diamo al lavoro del fisico italiano è a nostro avviso del tutto ragionevole”. I neutrini potrebbero infatti diventare ‘tachionici’, cioè viaggiare oltre la velocità della luce se costretti ad attraversare un materiale molto denso. E questo è proprio ciò che è avvenuto – dice un comunicato Inaf – nell’esperimento italo-svizzero, dove i neutrini lanciati da Ginevra hanno percorso oltre 730 km nel sottosuolo.
Sorvolando sulla discutibile faccenda della “densità”, vorrei solo far osservare che l’aspetto tachionico dei neutrini fu già messo in evidenza negli Anni 60, e poi 70 e 80, dal più autorevole biografo di Ettore Majorana, il fisico Erasmo Recami, nato a Catania nel 1938, con molte esperienze di insegnamento e ricerca in università di altri Paesi (è un “pendolare” Italia-Brasile) e ora professore all’Università di Bergamo.
Majorana scomparve misteriosamente nel 1938. Ma il suo neutrino ricompare periodicamente. E’ giusto tuttavia ricordare che la ricomparsa tachionica porta la firma e la priorità di Erasmo Recami.

 

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